La devozione popolare verso questo Santo è antichissima e diffusa ovunque. La Chiesa Orientale lo chiama il Megalomartire (il grande martire); è patrono di Inghilterra e Portogallo e di numerose città italiane. È il Santo protettore degli ordini cavallereschi ma le notizie sulla sua vita sono piuttosto scarne tanto che la liturgia cattolica nel 1969 lo declassò a memoria facoltativa. La tradizione popolare lo raffigura come il cavaliere che affronta il drago, simbolo della fede intrepida che trionfa sulla forza del maligno.

 

Il 23 aprile i cristiani celebrano la festività di San Giorgio, che si dice sia morto proprio il 23 aprile del 303 d.C. a Nicomedia, un’antica città dell’Asia Minore, allora appartenente all’Impero Romano e oggi corrispondente alla città turca di Izmit.

San Giorgio è uno dei santi più venerati del mondo e la bandiera che porta il suo nome è diventata simbolo di numerosi paesi e città. In Italia il culto per san Giorgio è assai diffuso e le città e i comuni di cui è patrono sono più di cento, dei quali uno capoluogo di regione (Campobasso) e tre capoluoghi di provincia (Ferrara, Ragusa e Reggio Calabria); inoltre si contano ben ventuno comuni che portano il suo nome.

La vita di San Giorgio in breve

Secondo la Passio sancti Georgii, Giorgio era originario della Cappadocia, una regione dell’odierna Turchia, figlio di Geronzio, persiano e Policromia e nacque nell’anno 280. Dai genitori venne educato alla religione cristiana e trasferitosi in Palestina si arruolò nell’esercito dell’imperatore Diocleziano divenendo ufficiale delle milizie e guardia del corpo dell’imperatore.
Il martirio sarebbe avvenuto sotto Diocleziano stesso che avrebbe convocato ben 72 re per decidere quali provvedimenti prendere contro i cristiani. Giorgio non esitò a confessare la sua adesione al cristianesimo e si rifiutò di adempiere all’invito dell’imperatore che chiedeva sacrifici per gli dei.

Si dice che Diocleziano fece di tutto per convertirlo al paganesimo romano con numerosi doni, tutti rifiutati da Giorgio. Allora Diocleziano lo fece torturare e decretò la sua condanna a morte, per la quale Giorgio venne dichiarato martire dai cristiani. Secondo la leggenda venne battuto, sospeso, lacerato e buttato in carcere, qui ebbe la visione di Dio che gli predisse sette anni di tormenti, per tre volte la morte e  la resurrezione. Tagliato in due con una ruota piena di chiodi e spade, Giorgio resuscitò e riuscì a convertire Anatolio, magister militium, insieme a tutti i soldati che vennero uccisi a fil di spada, convertì anche l’imperatrice Alessandra che venne martirizzata.

La leggenda di San Giorgio e il drago

In quanto simbolo del paganesimo e del male, il drago è un personaggio frequente nelle storie dei santi medievali. La lista dei santi sauroctoni – cioè uccisori di draghi – è infatti molto lunga: Teodoro, Silvestro, Margherita e Marta (che però si limitò ad ammansire il mostro) sono solo i più famosi. A questi si aggiunge l’arcangelo Michele, alla guida della battaglia contro il drago apocalittico. Tra gli uccisori di draghi, tuttavia, nessuno ha riscosso tanta venerazione popolare quanto san Giorgioscelto come patrono dall’Inghilterra e dal Portogallo.

In Occidente l’iconografia del santo si basa quasi prevalentemente su questo episodio (gli altri miracoli e il suo martirio sono rappresentati raramente) e l’attributo caratterizzante di san Giorgio diventa il drago. Non sempre però il nostro martire equestre è stato rappresentato così. In origine, anzi, non c’era traccia di draghi nelle storie del santo, e tanto meno nell’iconografia.

La più antica rappresentazione di san Giorgio risale alla prima metà del X secolo e si trova in Armenia, nella chiesa della Santa Croce eretta sull’isola Akdamar. Qui un bassorilievo mostra tre santi a cavallo, e tra questi c’è anche Giorgio, raffigurato mentre trafigge con la sua lancia non un drago, bensì una figura antropomorfa. Gli altri due cavalieri sono san Sergio che uccide un animale feroce (al centro), e san Teodoro alle prese – lui sì  – con un drago (a sinistra).

Il santo sauroctono per eccellenza era Teodoro di Amasea, santo soldato noto a partire dal VII secolo per aver sconfitto un essere mostruoso. Ecco spiegato perché, nelle rappresentazioni altomedievali, la figura del drago è associata in esclusiva a lui.

Fino all’XI secolo nelle storie su san Giorgio non c’era invece alcun riferimento all’uccisione di un drago: il santo era venerato semplicemente come soldato-martire che aveva convertito i popoli infedeli. Per questo fino ad allora l’immagine tradizionale che lo rappresentava era di un cavaliere intento a trafiggere un uomo, simbolo del persecutore pagano e dell’eresia.

La credenza che anche Giorgio avesse fronteggiato un mostro prese corpo in Oriente proprio in questo momento, forse sulla spinta delle stesse rappresentazioni figurative. Negli affreschi e nei rilievi orientali infatti il santo era sempre affiancato da Teodoro, in lotta con il (suo) drago: una prossimità che a un certo punto indusse gli artisti a far convergere verso il mostro entrambi i santi, fino a che Giorgio non “assorbì” del tutto il tema figurativo del drago.

In tempi rapidissimi il culto di san Giorgio si diffuse in tutta Europa, e con esso la rappresentazione del cavaliere che uccide il drago (in Inghilterra la prima immagine è dell’inizio del XII secolo). Mentre in Oriente il mostro aveva un aspetto simile al serpente, la versione esportata dai crociati aumentava di dimensioni e acquistava zampe e ali, trasformandosi nel drago che tutti noi conosciamo.

La leggenda del drago, grazie a Jacopo da Varazze

La storia del drago è molto famosa, tanto che San Giorgio è spesso raffigurato mentre uccide il drago. La leggenda più famosa, riportata nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, narra che in Libia, nella città di Selem, vi era un grande stagno in cui si nascondeva un drago che uccideva con il suo fiato tutte le persone. Gli abitanti offrivano pecore in sacrificio ma quando queste finirono estraevano a sorte un giovane. Un giorno venne estratta Silene, la figlia del re, il quale terrorizzato offrì il suo patrimonio e metà del regno per salvarle la vita, ma la popolazione si ribellò e alla fine il re dovette cedere.

Quando la giovane principessa si avviò per il sacrificio incontrò il cavaliere che le promise di aiutarla, le disse allora  di avvolgere la sua cintura al collo del drago che la seguì docilmente verso la città. Qui i cittadini atterriti e il re accettarono l’invito alla conversione da parte di Giorgio che uccise il drago e lo portò fuori dalla città trascinato da quattro paia di buoi.

La leggenda di S.Giorgio nel manoscritto “Preghiera alla Vergine”

Già all’epoca delle Crociate il culto di San Giorgio, venerato in Oriente ad iniziare dal IV secolo, era molto diffuso e questo avvenne nel 1098 in occasione della battaglia di Antiochia, una delle più difficili in cui i cavalieri crociati furono soccorsi dai genovesi rendendo così possibile la conquista della città considerata inespugnabile. Secondo una leggenda il martire sarebbe apparso ai combattenti cristiani accompagnato da angeli che portavano i vessilli crociati.

Non meraviglia quindi la presenza della Leggenda di San Giorgio nel manoscritto n. 1853 conservato presso la Biblioteca Civica di Verona, un manoscritto medievale, con molta probabilità appartenuto a una giovane nobildonna della famiglia dei  Della Scala e che contiene inoltre la Preghiera alla Vergine, una delle laudi antiche in volgare veronese e la Leggenda di Santa Margherita d’Antiochia. Un ciclo eccezionale di 78 miniature che seguono in maniera scrupolosa il testo facendone un meraviglioso racconto per immagini.

Ed è proprio l’immagine di San Giorgio a cavallo che trafigge con una lancia il drago tenuto al guinzaglio da una principessa, l’immagine più nota, a chiudere la Leggenda di San Giorgio  che nel manoscritto veronese consta di ben 55 splendide miniature che colpiscono per la ricchezza e la vivacità cromatica degna di una altolocata committenza e ne fanno un pregevole esemplare di manoscritto miniato di epoca medievale.

Le crociate e la figura d S.Giorgio in oriente

Le Crociate ebbero in san Giorgio, il santo cavaliere, un protettore riconosciuto sia dagli eserciti cristiani che dai loro avversari islamici. E in Oriente questo martire del IV secolo ha lasciato segni profondi, contro i quali di recente si è accanito lo Stato islamico (Is): hanno fatto il giro del mondo le immagini della distruzione delle croci dell’antico monastero di San Giorgio a Mosul. Ma in realtà san Giorgio con la sua spada, più che dividere, ha gettato un ponte tra mondo musulmano e fede cristiana: il suo messaggio spirituale, infatti, lo rende affine alla visione mistica islamica, che vede nel combattimento con il drago quasi il paradigma della jihad.

San Giorgio è noto presso gli arabi cristiani come al-Khadr (il “verde”). È il santo che porta l’acqua e la fertilità, che protegge dai mali e guarisce dalle infermità. In tutta la Palestina il 23 febbraio si festeggia la nascita di al-Khadr, in corrispondenza dei riti tradizionali di apertura della stagione primaverile e dei lavori nei campi, il che non è casuale, se si riflette anche sull’etimo di Giorgio, nome derivante dal greco che significa letteralmente “lavoratore dei campi”. San Giorgio è presente nella vita quotidiana dei cristiani palestinesi: il rumore del tuono ricorda il cavallo bianco del santo al galoppo; se cade il pane da tavola, è segno che San Giorgio vuol essere invitato a condividere la mensa; quando viene costruita una casa, si appone una lastra con un’immagine relativa alle storie del santo, allo stesso modo in cui i musulmani apporrebbero una lastra raffigurante la sacra Ka’bah sita a La Mecca. Per i musulmani, al-Khadr è il profeta Elia, citato nel Corano come guida suprema di Mosé nella via della saggezza (cf. Sura XVIII, La Caverna).

Quel che risulta più interessante, però, è la grande Festa in onore del santo che ha luogo annualmente, nel mese di maggio, nel villaggio di al-Khader, nel distretto di Betlemme. È una festa che accomuna musulmani e ortodossi, nelle offerte votive, nella preghiera e nel momento conviviale all’aperto, all’ombra degli ulivi. I fedeli cristiani giungono in processione da Betlemme e da altri centri vicini, portando al santo piccoli oggetti o offrendogli sacrifici animali (abitualmente agnelli) nel cortile della chiesa: il sangue dell’animale sacrificato viene conservato e portato via in ampolle, perché protegga il focolare domestico. I musulmani accolgono all’ingresso i pellegrini, offrono anch’essi in sacrificio un animale (in alcuni casi vivo, il che non è accettato dall’ortodossia islamica) e poi entrano in chiesa a pregare: vi è un quadro di San Giorgio posto in direzione de La Mecca che funge da qibla, ossia da “direzione” per la preghiera.

Un giorno di condivisione profonda che affonda le sue radici in secoli di rispetto reciproco e abitudine alla multireligiosità e multietnicità delle genti di una Terra santa culla di tante civiltà e ingiustamente, e per meri fini politici, abbandonata alla legge dell’arroganza e del predominio.

Mentre il mondo occidentale celebra san Giorgio il 23 aprile, nelle aree palestinesi la festa cade il 6 maggio, secondo il vecchio calendario usato dalle Chiese orientali. Simbolo di coraggio e onore, il nome cristiano George rimane uno dei più comuni in Palestina.

Alcune usanze legate a San Giorgio

Oggi molte usanze sono associate al santo. Tra i greci ortodossi, i preti possono inserire una chiave nella bocca dei bambini con difficoltà di parola e girarla per “sbloccare” la loro lingua.

Un secondo rituale è mettere una catena intorno al collo, passarla sul corpo e baciarla tre volte. Questo aiuterebbe a scongiurare la malattia.

Infine, quando i conflitti infuriano in una famiglia, una lettera che chiede aiuto al Santo viene solitamente depositata all’interno del vetro che copre la sua icona.

Inoltre, i fedeli che invocano il santo per riceverne l’aiuto, sono solite offrire pecore alla Chiesa perché ne distribuisca la carne ai più poveri.

Alcuni musulmani palestinesi, specialmente quelli di Al-Khadr, seguono anche queste pratiche perché riconoscono il potere e i miracoli di san Giorgio.